Grandi opere: Monti favorisce i costruttori con il credito d’imposta

autostrade

Da: Salviamo il Paesaggio

La norma sul credito d’imposta, ripresa dall’attuale governo nel recente “decreto sviluppo” rappresenta  un grandissimo favore ai costruttori di grandi opere.

Chi costruisce un’infrastruttura avrà diritto a un credito d’imposta fino al 50 per cento del valore dell’opera (cioè il contribuente pagherà fino al 50 per cento del valore dell’opera) se sarà dimostrata “la non sostenibilità del piano economico finanziario”. E se non bastasse, interverrebbe un “contributo pubblico a fondo perduto”.

In poche parole, sostengono diverse associazioni ambientaliste, lo Stato intende indebitarsi per garantire una rendita ai privati (società di progetto, di costruzioni e banche), attraverso un “pacchetto di agevolazioni” per:

– le opere di interesse strategico, affidate o in corso di affidamento;

– attraverso un credito di imposta IRES o IRAP da introdurre “in via sperimentale” per le nuove opere, con progetto definito e approvato (entro il 2015), superiore ai 100 milioni , che non godano di finanziamenti a fondo perduto.

Il presupposto irrinunciabile di sapore orwelliano per attivare le misure sopra descritte è che sia dimostrata la non sostenibilità del Piano Economico Finanziario delle opere in questione.

Non si capisce perchè lo Stato dovrebbe arrivare a sostenere, sia nella fase costruttiva che in anche in parte nella fase di gestione, nuove opere in perdita.

Inoltre, va specificato che quando si parla di opere affidate e in corso di affidamento non si prevede di attivare solo crediti di imposta, ma una serie di misure onerose di sostegno, a carico della Stato. A rigor di logica, se si decide di intervenire su opere di tal fatta, dovrebbe essere lo Stato a farsene carico direttamente, senza coinvolgere i privati: perchè per garantire una rendita ai privati che investono in opere non redditizie non ha significato alcuno e, se non subito, rischia comunque a lungo termine di incrementare il debito pubblico.

Il gioco è semplice: basterebbe fingere una sostenibilità finanziaria inesistente con mirabolanti previsioni o con straordinari ribassi e poi, in corso d’opera, spiegare che qualcosa è cambiato, che è necessario rivedere gli accordi e che occorre attivare il credi di imposta per poter realizzare completamento ed esercizio dell’infrastruttura.

Così si rischia di agevolare la costruzione di opere che ingenerano un debito nascosto e dilazionato a carico dello Stato.

Monti? Male necessario, ma riappropriamoci del nostro paese.

Gli Italiani sono abituati a disegnare su misura il loro eroe del momento. Annualmente viene presentato ai nostri occhi dai media un moderno eroe italiano. In passato è capitato a gente come Berlusconi, Marchionne, Tremonti, Prodi, e chi più ne ha, più ne metta.

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Forse converrebbe esser più moderati. Noi italiani fondamentalmente siamo tifosi, difficilmente valutiamo con razionalità le persone. Da buoni “calciofili” trasformiamo ogni personaggio nell’idolo del momento, per poi abbandonarlo al primo “cambio di vento”.

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I vari Renzi, Marcegaglia, Draghi e forse Montezemolo saranno i prossimi eroi.

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Ma questo è il momento d’oro del Prof. Monti. Nonostante le dimissioni di B ci troviamo di fronte ad una situazione tragica; difficile definirla diversamente.

Abbiamo intrapreso un vicolo stretto ed angusto che concede poco spazio alla democrazia vera, ai cittadini o al buon agire.

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Affidare la guida ad un banchiere, seppur dal nobile curriculum, è un opzione obbligata in questo momento. Siamo stritolati dai tassi di interesse. Il nostro sistema si basa sui mercati e sul tasso d’interesse di equilibrio che da esso ne deriva. Adottare la strada delle elezioni in questo momento suonerebbe da folli data la situazione; la logica e la democrazia però richiederebbero questo.

E’ altresì concesso al Presidente della Repubblica constatare se esiste una maggioranza alternativa e se questa può governare. Mi auguro solo non si tratti di un nuovo “23 luglio 1943″.

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Fronteggiamo una situazione dalla quale, per uscire dalla morsa del differenziale con il Bund tedesco -a luglio era a 127 -, siamo costretti ad affidarci ad un “boia”.

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Il “boia” proviene dalle stesse banche che questa crisi l’hanno voluta e creata. Questo aspetto qualche riflessione la merita.

Sarà lui a dover confezionare provvedimenti lacrime e sangue; i quali però riporteranno fiducia ai mercati, che potranno pertanto puntare al rientro nei limiti “normali”, non prima di aver concesso alle banche d’affari, potenzialmente burattinaie della situazione, di aver prima speculato sul rischio Italia, per poi riposizionarsi in acque adeguatamente quietate.

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Del resto in questo momento possiamo solo aspettarci questo. Abbiamo vissuto per anni al di sopra delle nostre possibilità, e siamo arrivati alla resa dei conti. Prima o poi, tutti i nodi vengono al pettine. Il futuro è tutto fuorché roseo.

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Mi auguro che questo governo tecnico operi affinché si possa riprendere a galleggiare a vista, per poi farsi da parte. Vanno cambiate le regole del sistema; è impensabile che la sovranità popolare di uno stato sia in mano alle banche d’affari che speculano FINANZIARIAMENTE sul nostro futuro.

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Monti è un male necessario, ma momentaneo! E’ innegabile che, sentendo la rosa di papabili ministri mi vien da piangere. Pensare a ultra settantenni che devono operare nell’interesse dei giovani, con uno sguardo al futuro è preoccupante. Se questo è il rinnovamento…. proporre un Amato quale ministro, è FOLLIA!

Mi pare che quest’uomo di soldi nostri ne abbia già rubati parecchi. Al contempo pensare al Prof. Ornaghi, rettore dell’università Cattolica di Milano, come ministro dell’istruzione è un azzardo. Come fa un rappresentante di un ente privato a poter tutelare e sviluppare un sistema pubblico? Noto un leggero conflitto di interessi; son certo che il Prof. Monti eviterà queste soluzioni. Speriamo infine non si abitui troppo alla poltrona.

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Credo che in tutto ciò siamo noi italiani a doverci riappropriare delle NOSTRE istituzioni, per cambiare e risollevare il sistema. Serve gente preparata, che lavori sodo, e che sia pronta a dover fronteggiare il marcio che si attanaglia nel nostro sistema. Rimbocchiamoci le mani e cominciamo!

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“Monicelli disse che, purtroppo, in Italia la Rivoluzione non c’è mai stata. Gli angloamericani hanno messo fine al fascismo, non gli italiani. La BCE ha cacciato Berlusconi, non gli italiani e neppure un’opposizione collusa e di cartapesta. I nuovi padroni hanno sempre sostituito i vecchi in questo Paese di servi. Forse ora, almeno una volta nella nostra Storia, potremmo tentare di liberarci da soli.

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Patrmoniale alternativa, possibile?

Sullo sfondo dei cieli italiani si sta manifestando lo spettro della patrimoniale. E’ evidente che sarà questa la strada che verrà intrapresa da chiunque vada a sostituire l’attuale premier a Palazzo Chigi. La possibile “scesa” in campo di Mario Monti quale premier di un esecutico d’emergenza preannuncia indirettamente il ritocco delle pensioni e l’introduzione di una patrimoniale.

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Probabilmente questa scelta nel breve periodo “accontenterà” i mercati, ansiosi di trovare una comune motivazione per riposizionarsi al rialzo. Fermo restando che tra gli obbiettivi che bisognerebbe porsi vi è quello di regolamentare, e non de-regolamentare, i mercati finanziari affinchè non siano più loro a dettar le regole ma bensì a subirle, questo intervento sarà un pagliativo momentaneo. Per risollevare la baracca di strada da percorrere ce n’è davvero molta. Non è questo però il tema dell’intervento.
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Vorrei oggi soffermarmi sulla Patrimoniale in se. Teoricamente si tratterebbe di una tassa una tantum, o meglio come lo mascherano, un prelievo sulla richezza che consenta di abbattere rapidamente e significativamente il debito pubblico.
Ma questa è molta teoria. E’ evidente che non è di così facile applicazione. La tanto decantata richezza degli italiani è formata sopratutto da beni illiquidi. Spero si valuti bene la fruizione di questo prelievo… non vorrei venissero messi migliaia di risparmiatori di fronte alla necessità di dover smobilitare parte del proprio patrimonio per poter pagare questa tassa.
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Senza entrare nella difficile fattibilità e gestione delle regole del prelievo mi voglio soffermare su un aspetto.
Perchè non impostare questa ipotetica patrimoniale non come un prelievo forzoso, ma come un investimento forzoso?
Al posto di operare un prelievo forzoso sulle tasche dei cittadini, più o meno abbienti, perchè non trovare una strada per impostare il tutto su un investimento forzoso da parte degli italiani sulla propria nazione (bada bene, non parlo di stato come istituzioni, ma parlo di nazione come unità di persone ed intenti)?
Una volta decisi i parametri per l’applicazione della patrimoniale, e arrivati alle cifre teoriche da prelevare mi piacerebbe che queste diventassero un investimento.
In che modo?
Lo Stato riceverebbe un importo stabilito dai parametri da definire, questo importo andrebbe innanzitutto nelle casse dello stato a sostituire emissione di nuovo debito per un pari importo, trasformando questi importi in prestiti forzosi a 20 anni degli italiani al proprio stato con interesse fisso del 2,5%/2% annuo non capitalizzato, non rimborsabile se non alla fine, e non negoziabile.
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E’ evidente che non si tratterebbe di un buon investimento in linea generale, ma rispetto ad un prelievo a fondo perso permetterebbe a noi italiani di limitare i danni. Questo permetterebbe intanto di ricevere liquidità, limando, e non di poco, il costo degli interessi sui titoli di stato di nuova emissione. Bisognerebbe limitarne la gestione, sarebbe trasferibile solo per via ereditaria e non negoziabile in nessun modo. Avendo una tassazione da rispettare al netto di tutto allo stato italiano costerebbe realativamente poco.
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Non avrebbe l’effeto TEORICO di taglio netto che avrebbe una patrimoniale secca, ma permetterebbe di rendere gli italiani partecipi del “progetto Italia”. Nel pacchetto di leggi per l’applicazione di questo “progetto di investimento forzoso” andrebbe però inserito l’obbligo di descrizione documentale dell’impiego delle fonti da esso ricavate.
E’ evidente che tutto ciò necessiterebbe di studi e calcoli meno approssimatevi e maggiormente specifici, ma perchè non provare a valutare questa ipotesi? Basta entrare sempre nelle tasche dei cittadini a fondo perso per cause per la maggior parte non riconducibili a loro!
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